DVORAK: sinfonia "Dal nuovo mondo" di Angelo Gatti
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Canzone amara, canzone felice,
Una nota è bastata,
Ed ognuno ridice
La terra ove sei nata.
Nessuno l’ha veduta,
Nessuno l’ha abitata,
Ma non c’è chi non l’abbia
Dentro proprio cosi’:
Come un uomo la fece,
Piangendo, in una sera
Lontana, a Nuova York.
Cielo tagliato da lame di luce,
Strade sepolte fra case di sasso,
Navi fumanti imbozzate alla riva,
Stridule voci, passo
Di gente in marcia, che mai non arriva.
Vita feroce, feroce energia,
Che tutti porta via;
E quell’uomo solitario,
Sognante incantatore,
Prendeva su dal cuore
La cantilena della sua nutrice,
Il grido acuto della falciatrice,
Il mormorio d’un’acqua, il molle odore
Dei prati a primavera,
Il tuo riso, fanciulla;
Quei ricordi da nulla,
Malinconie leggere,
Desideri sperduti,
che non hanno l’eguale
Per suscitar prodigi;
Di lagrime roventi li intrideva
E creava immortale
Con quella ch’era a lui la dolce patria,
La favolosa e vera
Terra oramai per tutti d’Ognipatria.
.........................................................
Addio, terra beata
Dei sogni, dobbiamo salpare;
Discender l’oceano, andare
Incontro all’ignoto destino;
La pace serena è menzogna,
Cosi’ decretato ha la sorte.
(Poi viene la morte).
Un monte, ed un altro, selvaggio;
Pianure deserte, una riva
Che sempre svanisce, e s’agogna,
Un raggio di sole qua e là.
In quella contrada d’agguati
Fedeli, sommessi, assonnati,
Fluiscono i greggi degli uomini.
Ci vai tu coi vicini
La bella donna dal viso di sole,
Il giovanetto occhi spersi sognanti,
L’uomo superbo che soffre e non vuole
Svelare il suo soffrire,
I vecchietti tremanti
Del prossimo morire,
Tutti, tutti ci andiamo;
Chi non venne, verrà,
Chi parti’, tornerà.
Ci andiamo ad uno ad uno,
Senza guardarci in faccia:
Amico non t’accostare,
Fratello, né te, né nessuno,
Ho troppo, troppo da fare,
Ogni vincolo m’impaccia;
Chi più solo si sente
E ha più libere braccia,
Diventa onnipotente.
Fermenta in noi un furore
Che vuol guerra, non pace;
La terra dei sogni non piace,
Diversa è la legge mortale:
Soffrire, fare soffrire,
Ma vincere e godere.
(Poi viene la morte).
Ognuno di noi è un gigante,
Calpesta le cime dei monti,
Gareggia nel volo coi venti,
Si tuffa in abissi profondi,
Travalica i vecchi orizzonti,
O gloria! ed alza il capo come un re.
O gloria.... Ma perché
Giunto con tanto affanno
A contare le stelle
A governare i venti,
A reggere la terra,
Un bambino risente
Lagnarsi in fondo à sé,
Che, come al giorno antico,
Non sa donde è venuto,
Non sa dove anderà,
Ed avrebbe voluto
Innanzi di morire,
Godere solo un poco,
Un poco solo, un’ora,
E sarebbe bastata,
Della felicità?
(Ma ha battuto alle porte,
Più rapida, la morte).
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Angelo Gatti
Pubblicata su “Convivium” n°5, 1939
Ripresa da Nicola Moscardelli in
“Le più belle Liriche Italiane”
Dell’anno 1939