LA NEBBIA E I SIMBOLI (1) di Sirius
Propongo alla vostra lettura questo testo del 1926 tratto da
Introduzione alla Magia del gruppo di UR.
Per facilitarne la lettura l'ho diviso in due parti.
SIRIUS
LA NEBBIA E I SIMBOLI
La natura parla attraverso il silenzio, e però solo chi sa
intendere questo può sperare di conoscere qualcuno dei
segreti che esso custodisce nel suo seno.
Allorché si è giunti a questa interpretazione sino al punto
che il silenzio della natura diviene quasi assordante, mentre
il rumore degli uomini non ci turba affatto, ci si avvede che non
una delle infinite parvenze di cui si ammanta l'universo è senza
significato.
L'uomo cammina nelle vie della terra come un essere che
ad un certo punto della sua vita diventò per caso cieco. Egli non
vede più, ma ricorda talvolta che egli ha visto: e tanto più vivo è in
lui il ricordo del passato, tanto più è aderente la sua anima alla
reale sostanza di ciò che invisibilmente gli si para dinanzi.
Non esiste alcun uomo il quale abbia tutto dimenticato e non
«riconosca» nessun aspetto del mondo. Ma in verità l'uomo
anziché eccitare la sua memoria e tentare in ogni modo di scendere
nel cuore delle cose, tenta di dimenticare e di trasferire nella
parvenza immediata il valore della realtà di cui intuisce la presenza
ma a cui non puo’ giungere senza uno sforzo dello spirito.
Data questa premessa, non meraviglia che l'interesse
dell'uomo superiore - e che dovrebbe chiamarsi semplicemente uomo –
sia rivolto precisamente a ciò a cui il restante degli uomini non dà
alcuna importanza. Per l'uno tutto ciò che si tocca è ombra; per
l'altro è cosa salda. Per l'uno le cose visibili non sono che la
proiezione, ossia l'ombra, di cose invisibili; per l'altro quelle stesse
ombre sono principio e fine: tutt'al più egli si limiterà a dare un
futuro al di là della vita a ciò stesso a cui nega un principio prima
della vita.
Se noi riuscissimo a conoscere la reale struttura di un fiore
o di una pianta, saremmo vicini a conoscere la reale struttura di
noi stessi e del nostro destino. Se noi conoscessimo con esattezza
la legge a cui obbedisce la corolla di una rosa quando essa dispone
in cerchio le sue foglie, non avremmo bisogno di volgere il capo
in su per vedere le stelle, ma basterebbe che figgessimo in giù lo
sguardo per ritrovare il firmamento.
Se noi riuscissimo a conoscere il segreto delle stagioni e
a vedere dentro la terra cosi come vediamo sopra la terra, nel tempo
stesso vedremmo chiaramente anche dentro di noi, e riconosceremmo
senza esitazione che il sommovimento che muta sostanza alla terra è
parallelo al sommovimento che muta sostanza a noi.
Essendo l'universo uno, monolitico, compatto, non c'è legge
di un campo la quale non abbia l'equivalente in una legge di un altro
campo. La fisica, la geometria, l'algebra sono scienze morali: e la
forza di gravità prima di essere una forza agente nel campo della
materia è una forza agente nel campo dell'anima.
Colui che studiando i fenomeni parventi non lascia una porta
aperta al mistero, chiude la porta alla verità: scambiando per voce
quella che è solamente eco. Colui che studiando un raggio di sole
non riesce a vedere gli occhi di cui esso è uno sguardo, non
ritroverà mai l'unità dei fenomeni ed invece di andare innanzi come
lo scultore che di colpo in colpo di scalpello disseppellisce la statua,
procede come un agente di polizia alla ricerca dell'autore di un delitto
sempre in procinto d'essere afferrato e sempre inafferrabile, giacché
invece di cercare di metter le mani sulla sua persona si tenta di
arrestare l'orma dei suoi passi.
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