Preistoria e storia d'Abruzzo (2) di Antonio Silveri

Publié le par antonio

Statua di Ovidio a Sulmona

            Il testo che vi presento fa parte del volume “L’Abruzzo”  di Antonio Silveri (Ires Palermo 1924), un libro sussidiario di 230 pagine per le classi di 3° 4° et 5° elementari e ne era l’introduzione.

            Naturalmente in questa decina di pagine d’introduzione, che trovo molto poetiche, l’autore non poteva trattare concretamente di tutta la storia dell’Abruzzo, ma esse bastano a farci capire il suo grande amore per la terra natia ed il suo desiderio forte di farla amare ed apprezzare anche dai ragazzi ai quali questo libro era destinato.

            A voi di farvene un’idea.

            Il testo essendo troppo lungo per un blog, l’ho suddiviso in tre parti.

Preistoria e storia d'Abruzzo (1) di Antonio Silveri

 

     Ma Roma si dimostrò ingrata coi vinti. né seppe degnamente ap­prezzare i sacrifici di sangue e di beni che, per la di lei crescente gran­dezza, i popoli italici avevano generosamente sostenuti.

     Questi erano ancora, come già i plebei nei primi tempi della Repub­blica. tenuti in soggezione, né potevano esercitare il diritto di cittadi­nanza e partecipare alla vita pubblica.

     Tiberio Gracco, Caio Gracco e Livio Druso avevano tentato, con la proposta di speciali leggi. di eliminare questa grave ÌngiuslÌzia. ma essi ottennero l'effetto contrario, e cioè la revisione delle liste dei cittaclini e la espulsione degl'ltalici ch' erano già riusciti a mescolarsi con le tribù romane.

     Grande era perciò il malcontento, che crebbe d'intensità quando alla ripetuta, formale richiesta d'una perfetta uguaglianza civile e politica, l'orgoglio romano oppose uno sdegnoso rifiuto.

     Si ridestò allora l'antica fierezza dei nostri popoli che corsero alle armi quasi sospinti da un religioso furore.

Anima della rivolta furono i Marsi cui subito si unirono i Peligni, i Marrucini, i Vestini, i Frentani, i Picentini, mentre nella regione meridionale insorgevano anche i Sanniti, i Campani e i Lucani,

     A dirigere le operazioni militari furono preposti due consoli: Q, Pompedio Silone e C.Papio Mutilo, con sei pretori ciascuno: fu creato un Senato di 500 membri per formare la. nuova. costituzione , e nel centro dell' Abruzzo, nel punto più strategico della conca peligna, fu scelta la capitale della potente confederazione, Corfinio, che si chiamò ltalica,

Toro sannita che incorna lupa     Nelle monete fu scolpito il toro sannita che doma la lupa romana, vi fu segnato il nome Italia al posto di Roma, e fu scritto il nome Italia anche nei labari, a significare la nuova invitta fede che fiammeggiava nel cuore degl'insorti.

     O fanciulli d'Abruzzo, siate orgogliosi della vostra terra in cui risonò per la prima volta, duemila anni or sono, il dolce nome d'Italia; ripetetelo anche voi nell'ora dei difficili cimenti. glorificatelo nella purezza della vostra anima, nella tenacia dei vostri propositi, nella bontà delle vostre azioni, e dimostrate agl'immemori che la virtù dei padri non è ancora morta.

     Aspra e sanguinosa fu la lotta scoppiata nel 91 a.c.

     Due potenti eserciti federali, l'uno dalla Campania, l'altro dalle montagne d'Abruzzo, marciavano verso Roma che aveva anche in fretta raccolto d'ogni parte circa centomila uomini, affidati al comando dei consoli P. Rutilio Lupo e L. Giulio Cesare.

     Si alternarono dall'una parte e dall'altra vittorie e sconfitte, e già nel 90 a.C. gl'ltalici minacciavano la potente città, e già i Latini, gli Umbri e gli Etruschi si apprestavano a insorgere anch'essi, quando il console Lucio Giulio Cesare, prima di uscir di carica, propose che fosse concessa a questi ultimi popoli la cittadinanza romana.

     Tale legge sconcertò e indebolì gli alleati, e fu facile ai consoli Gneo Pompeo Strabone e Pareto Catone che operavano al nord nei paesi montuosi dei Piceni e dei Marsi, e a L. Cornelio Silla che combatteva nella Campania, di fiaccare nell'89 a.C. la resistenza avversaria.

     Tuttavia il Sannio resisteva ancora eroicamente, finché anche Boviano,in cui era stata trasportata da Corfinio la sede del Senato italico, fu costretta a capitolare, nel tempo stesso che i tribuni romani proponevano di estendere la cittadinanza romana a tutti g l'Italici che in un dato tempo ne facessero domanda.

Toro sannita     Così terminava la grande Guerra sociale che avrebbe forse modificato le sorti dell'umanità, se il toro abruzzese avesse trionfato della lupa romana, e che. a ogni modo, ebbe il gran merito di spezzare le catene che avvincevano i popoli delle varie regioni al carro trionfale di Roma, e di fare della città eterna non più la tiranna, ma la madre e la capitale d'Italia.

     In seguito, l'Abruzzo seguì le vicende dell'Urbe che trasse a sé le migliori energie intellettuali della nostra regione, come lo storico Caio Crispo Sallustio di Amiterno, il poeta Ovidio Nasone di Sulmona, la famiglia Adriana di Atri, onde usci l'imperatore Adriano , e la famiglia Flavia onde uscirono gl' imperatori Vespasiano, Tito e Domiziano e che proveniva non da Rieti, come vogliono alcuni, ma dalla città di Falacrine, sorta nei pressi di Cittaducale e ora completamente distrutta.

     Con la caduta dell' impero romano, s'iniziò per l'Italia un fosco periodo di servaggio.

     Le belle contrade diventarono agognata preda dei barbari; i municipi furono invasi e ridotti in schiavitù, le opere d'arte distrutte, ogni sen­timento di libertà compresso, la vita stessa alla mercè del conquistatore.

Strada Romana a Alba Fucens     L'Abruzzo seguì le sorti del mezzogiorno d'Italia e fu successivamente sottoposto ai Goti il cui re Teodorico ne affidò il governo ai suoi Conti, uomini avidi di ricchezze e crudeli, che saccheggiarono città e paesi, fra cui Teramo; ai Longobardi e ai Saraceni che distrussero le vetuste città di Alba, Carseoli, Corfinio e Amiterno; ai Normanni che aggregarono l'Abruzzo al loro ducato di Puglia; agli Svevi il cui imperatore Federico Il fece dell' Abruzzo una sola provincia con a capo Sulmona, ove aveva sede il Gran Giustiziere; agli Angioini che annessero la regione al rearne di Napoli; agli Aragonesi; agli Spagnuoli; ai Francesi e poi ancora ai Borboni che furono gli ultimi dominatori della nostra terra.

     Durante questo lungo e infausto periodo di tempo, l'Abruzzo ch'era la chiave di comunicazione con la Puglia e con Napoli, fu teatro di frequenti e sanguinosi conflitti che immiserirono le campagne, terrorizzarono le popolazioni, armarono la mano ai banditi, spensero ogni speranza di rinascita.

     Contribuì sopratutto a fiaccare ogni senrimento di libertà il dispotico governo dei vicerè spagnuoli, che del ladroneggio si fecero un sistema e delle persecuzioni e delle condanne a morte una gloria.

     La Stessa città dell'Aquila, fondata in nome della libertà dai vassalli di Amiterno e Forcona per meglio difendersi dalla tirannide dei baroni, che per tre secoli aveva conservata la sua fierezza ottenendo da imperatori e re una quasi completa autonomia, dovette curvare la schiena ai nuovi e più crudeli dominatori,

     l quali, a soffocare ogni lontano desiderio di riscossa, fecero costruire nel 1535, «ad reprimendam audaciam aquilanorum”. com' è scritto sulla porta . un maestoso castello e, insieme con le altre, tolsero dalla torre del Palazzo, per farne cannoni, la famosa campana di 22.000 libre, usa a chiamare i cittadini a raccolta nel momento del pericolo coi suoi novantanove rintocchi.

Castello dell'Aquila

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Publié dans Histoire Géographie

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G
<br /> Je ne pensais pas que pour une région peu connue il y avait une histoire aussi riche d'après ce que j'ai compris. Une traduction aiderait surement<br /> <br /> <br /> merci<br />
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F
<br /> Bonjour Antonio<br /> <br /> <br /> Je te souhaite un bon lundi<br /> <br /> <br /> Frieda<br />
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