Preistoria e storia d'Abruzzo (3) di Antonio Silveri
Il testo che vi presento fa parte del volume “L’Abruzzo” di Antonio Silveri (Ires Palermo 1924), un libro sussidiario di 230 pagine per le classi di 3° 4° et 5° elementari e ne era l’introduzione.
Naturalmente in questa decina di pagine d’introduzione, che trovo molto poetiche, l’autore non poteva trattare concretamente di tutta la storia dell’Abruzzo, ma esse bastano a farci capire il suo grande amore per la terra natia ed il suo desiderio forte di farla amare ed apprezzare anche dai ragazzi ai quali questo libro era destinato.
A voi di farvene un’idea.
Il testo essendo troppo lungo per un blog, l’ho suddiviso in quattro parti.
Preistoria e storia d'Abruzzo (1) di Antonio Silveri
Preistoria e storia d'Abruzzo (2) di Antonio Silveri
Ma noi dobbiamo rapidamente accennare ad altre cause di decadenza. Dal 1300 in poi, l'Italia in genere e in specie l'Abruzzo ebbero a soffrire carestie, epidemie, terremoti.
Una grave carestia si verificò nel 1346 e crebbe ancor più nell'anno seguente, a causa dei continui temporali che devastarono i campi.
Subito dopo, nel 1348, scoppiò una terribile pestilenza. descritta dal grande Giovanni Boccaccio, per cui nell' Abruzzo rimase meno della metà dei suoi abitanti.
Il 9 settembre 1349 uno spaventoso terremoto danneggiò l'Italia meridionale e soprattutto Aquila, Sulmona, Scanno, Tocco Casauria e numerosi altri paesi.
Nuovi terremoti si verificarono nel 1435 e nel 1455.
II 4 dicembre del 1456, a distanza di quattro mesi da un violento aeremoto , un terremoto più forte dei precedenti danneggiò gravemente Lanciano, Sulmona. i paesi del l’altipiano di Cinquemiglia, ecc.
Nel 1647 e nel 1648 si ebbe un'altra grande carestia nell'Italia meridionale, resa più intollerabile dai balzelli del governo spagnuolo, sì che Napoli, con a capo Masaniello, si sollevò, e l'Abruzzo ne seguì l'esempio.
Ma il movimento fu represso nel sangue.
Nel 1656, la peste che infieriva in Sardegna fu dai soldati Importata nel regno di Napoli e poi nell' Abruzzo, dove molti paesi rimasero spopolati.
Infine, il 2 febbraio 1704, preceduto da fragori sotterranei per la durata di quindici giorni, un altro spaventevole terremoto scosse l’Abruzzo, e in modo speciale Aquila che ne fu quasi interamente distrutta.
Tuttavia l' anima degli Abruzzesi non vacillò, e anche fra tante avversità non perse giammai il sentimento di libertà e d' indipendenza ereditato dai lontani progenitori.
l cittadini migliori alimentavano gelosamente l'amor di patria nel cuore, e lavoravano in silenzio per la causa comune, aspettando il momento opportuno per agire e correre incontro alla gloria o al mattino.
Quando il 2 luglio 1820, i sottotenenti della cavalleria napoletana Morelli e Salvati inneggiarono alla costituzione, l'Abruzzo divampò come un roveto a quella prima scintilla di libertà, che doveva ancora fiammeggiare nei moti del 21, del 31, del 41, del 48 e del 60.
Non sarebbe possibile oggi rivivere la storia di quei tempi gloriosi, o descrivere le torture cui furono condannati i capi del movimento, alcuni dei quali trovarono scampo nell'esilio, altri furono deportati al bagno penale di Procida, di Nisida e di Pescara, altri condannati senz'altro alla fucilazione.
Ma è doveroso ricordare i nomi gloriosi di Melchiorre Deifico, Gabriele Manthoné , Gabriele Rossetti, Pietro Marrelli, Fabio Cannella, Federico Salomone, Panfilo Serafini, Salvatore Tommasi, Bertrando e Silvio Spaventa, le cui pagine di vita sono scritte a caratteri d'oro nella storia non della nostra regione: soltanto, ma d 'ltalia; figli non degeneri degli antichi popoli d'Abruzzo, e fratelli maggiori della innumere falange di eroi che la nostra terra seppe esprimere dal suo seno, nella recente guerra mondiale.
La dominazione straniera e le pubbliche calamità che, per oltre un millennio, contristarono la nostra regione. non riuscirono a modificare il carattere e i costumi degli abitanti, o a spegnerne le peculiari attitudini e il naturale ingegno.
Dall' amoroso lavoro dei campi all'esercizio patriarcale della pastorizia, dal graduale sviluppo del commercio e deII' industria al culto delle arti e delle lettere, in tutte le multiformi opere della pace il genio dell'Abruzzo si affermò gigante.
Ed ecco sorgere come di incanto, manifestazione muta dell'anelito popolare a elevarsi al cielo, basiliche e conventi, dalle badie di S. Clemente a Casauria e di San Giovanni in Venere , a quelle di S. Liberatore alla Maiella, di Carpineto, di Casanova; dalle cattedrali e basiliche di Aquila, Chieti, Teramo, Atri, Corfinio, Sulmona, Penne, a quelle di Giulianova, Loreto Aprutino, Bominaco di Caporciano, Pianella, Civitaquana, Isola del Gran Sasso, Guardiagrele, Lanciano, Vasto, Pentima, Campli, Trasacco, Luco e di cento altri paesi.
E accanto alle chiese si costruivano con grande magnificenza i pubblici edifici. i palazzi dei magistrati e dei regi ufficiali. i quali dovevano sovrastare a tutte le case private che Nicolò dell'Isola, il difensore della libertà aquilana, l'animoso Cavaliere del Popolo, voleva non superassero la comune misura.
Ed ecco sorgere e svilupparsi il commercio dello zafferano, i cui bulbi portò dalla Spagna un frate domenicano delIa famiglia Santucci di Navelli, reduce dal Tribunale: dell'inquisizione; ecco prosperare la magnifica arte della lana ad Aquila, dove venivano giovani fiorentini desiderosi di ammaestrarsi, a Ortona, a Lanciano e in altri centri minori; ecco la squisita lavorazione del merletto, contemporaneo a quello di Venezia, in cui si distinsero sopratutto Aquila, Gessopalena e Pescocostanzo; l'arte di lavorare e tingere i panni che giunse a perfezione a Pescocostanzo, Scanno e Casteldisangro; l'arte del cuoio a Guardiagrele: l'arte del ferro battuto a Pescocostanzo; la lavorazione del ferro a Morino; l'arte e l'industria dell'oreficeria a Sulmona, Ortona, Guardiagrele; la lavorazione delle maioliche a Castelli - donde venivano richieste financo da imperatori e papi - e a Penne, Atri, Campli, Torre dei Passeri, Bussi; la fabbrica dei tappeti e l'arte di intagliare il legno e fondere i metalli a Sulmona; l'arte della seta ad Aquila e a Lanciano; l'arte di lavorare la figulina a Teramo; l'industria della concia delle pelli e dei metalli a Pescara, a Francavilla, ad Aquila, ecc.