Emigranti di Nicola Moscardelli

Publié le par antonio

     Se vi presento questa poesia di Nicola Moscardelli che sicuramente molti di voi conoscono già (la si trova nel libro di Antonio Silveri del 1953 assai difuso ad Ofena perché offerto à molti scolari e, più recentemente, nel libro di Mariella Pasquini Tutte le poesie di Nicola Moscardelli) non è tanto perché si tratta di una bella poesia ma soprattutto perché essa resta ancora, con le sue immagini poetiche, di bruciante attualità.

  Certo i tempi sono cambiati. Coloro che partono oggi dall’Italia e dall’Europa lo fanno con i mezzi moderni ed hanno cultura ed una buona conoscenza della nazione in cui stanno andando.

  Ma in Italia vediamo arrivare i barconi di migranti: molti di loro fuggono i luoghi di guerra, ma molti altri sono partiti con gli stessi sogni che fecero i nostri propri migranti alla fine del 1800 e fino alla seconda guerra mondiale. Vi assicuro che, scene di partenza come quelle descritte da Moscardelli, si possono vivere ancora oggi in molti villaggi africani perché coloro che stanno partendo, per lo più in modo illegale od almeno in parte, si allontanano dalla loro terra con le stesse ragioni nella mente e nel cuore che fecero oltrepassare l’oceano a tanti e tanti italiani, ma anche irlandesi, tedeschi e cosi’ via.

     Ma oggi i tempi non sono più gli stessi ed è anche vero che, dietro tanti miserevoli che tentano questi peripli cosi’ difficili e corrono anche rischi di morte, si nascondono strategie politiche o religiose che li strumentalizzano a loro insaputa; ma i più tentano l’avventura perché la loro vita è difficile là dove sono nati e pensano arrivare nei paesi dei miraggi televisivi dove tutto è bello e dove tutti hanno soldi e dove tutto pare cosi’ facile.

     Ma il poeta ha saputo mettere nei suoi versi quei pensieri che solo lui sa scorgere nell’animo dell’uomo e che poi sono l’essenza propria all’universalità dell’esistenza umana. Ed è per questo che i versi di questa poesia, benché scritti tanti anni fa, ci appaiono ancora oggi di una scottante attualità.

     A fine pagine troverete due legami con degli articoli che mi sono parsi interessanti. Fra qualche giorno vi proporro' anche una traduzione in francese.

 

             EMIGRANTI


   Son partito con loro mille volte Emigranti all'imbarco

l'oceano ho con loro traversato

nelle terre straniere son. sbarcato

e a questa Italia sono ritornato

non veduto: il mio cuore viaggia

con loro ancora; perché oggi e sempre

mi batte in petto un cuore d'emigrante.

 

   O parole lucenti come l'oro,

Broccline, Bostonmasse, Ricchemonde,

parole che venivano con l'aria

e a mezzo il verno volavan sul campo

come rondini fuori di stagione,

dietro di voi volava il desiderio

e il Paradiso perduto nel cielo

risorrideva ancor nella memoria.

 

   Giunto l'imbarco da chi partì prima

colombo messaggero fuor dell'arca,

si partiva per Napoli la notte

si vegliava riuniti come accade

quando qualcuno muore o va lontano:

ed echeggiava un pianto di sventura

nell' angolo vicino al focolare:

eran le madri con le mogli e i figli

che piangevano insieme, diventate

in un giorno parenti nel dolore.

 

   Non piangevamo noi che partivamo, Emigranti in partenza da una stazione italiana 1908

ma ridevamo e parlavamo forte

verso la vita e non verso la morte

diretti: e bevevamo il vino offerto

dai parenti ed amici, il vino schietto

 

che racchiudeva il sapor della terra

che lasciavamo, ed erano le zolle

nostre, le nostre piante, il nostro sole

che bevevamo con quel vino, tal che

non avremmo sentito altro sapore

se avessimo bevuto il nostro sangue.

 

   Nasceva l'alba sopra i nostri campi,

s'udiva il suono delle sonagliere,

ci gettavamo sulle spalle il sacco

e il pianto delle donne dilagava

come la piena.

Salivamo sul carro e partivamo,

e ridevamo e parlavamo forte

perché verso la vita

noi andavamo e non verso la morte.

E la strada tagliava a mezzo i campi,

il carro ci passava a mezzo il petto

e qualcuno che arava o che zappava

fermava i buoi o s'alzava dal solco

s'appoggiava al bidente

e con la mano ci faceva addio.

Allora vedevamo sulla costa

il villaggio, e le donne sulle ripe

che agitavan le braccia senza voce,

come Marie ai piedi della Croce

e mancava il coraggioanche a noialtri.

Ci mancava il coraggio,e il suonatore

scioglieva i lacci della fisarmonica

e cominciava il suono per svagarsi.

 

   Era la fisarmonica suonata

cento volte nei giorni di domenica

o nelle notti delle serenate,Emigranti su ponte nave terza classe

una musica era conosciuta

come la voce di noi stessi, eppure

suonata su quel carro ci diceva

 

tanto e poi tanto: ci parea d'udire

a una a una le voci lasciate,

le voci delle madri e delle mogli,

dei figli, degli amici, e ancora ancora

il muglio della vacca, il pigolìo

dei pulcini, il frusciare dei ruscelli,

lo stormir delle querce, e tutti i suoni,

dal fabbro al falegname al carradore

tanti vaghi rumori

a cui nessuno bada e che son. pure

dentro di noi, e noi li sentivamo

tutti nel suono della fisarmonica.

Oh, quando sbarcavamo a Nuova Iorca

era piccolo piccolo il villaggio

quasi parea che non ci fosse più

tanto eravamo ormai da lui lontani.

E scendevamo dentro le miniere

o foravamo i monti per far strade,

o alzavamo case così grandi

che da terra non si scorgeva il tetto,

e il lavoro era simile alla guerra

sempre qualcuno mancava all’appello,

o povero fratello

sepolto dalla frana o dal grisù:

ripetevamo appena il nome suo

e poi non potevam pensarci più.

 

   Allora scrivevamo alle famiglie

con la nostra scrittura da bambini Emigranti sul ponte di una nave in attesa di sbarcare à Ne

che stavamo assai bene

che non stessero in pena

che il guadagno era molto e che il padrone

ricordava fra tanti il nostro nome

soltanto, e poi un giorno

avremmo fatto alle case ritorno

felicemente. Come una colomba

la lettera passava il grande mare

e giungeva al villaggio

dopo tanto viaggio:

le donne la vedevano venire

col cuore che quasi più non batteva

perché le donne temono il destino:

poi leggevano in mezzo della via

la lettera venuta dall' America

una parola dietro l'altra, piano

come fosser parole di preghiera

e le lacrime pronte per il male

le piangevano allora per il bene

e s'asciugavan gli occhi col

grembiale e quasi, avean vergogna

di piangere così senza ragione.

 

   Ma un giorno cupo, un giorno, un nero giorno

una lettera gialla era portata:

le donne trattenevano il respiro

pregavano Maria senza parlare

e leggevan l'annuncio

che uno di noi giacea nella miniera

vittima della frana o del grisù

e non sarebbe ritornato più.

La Madonna che sa quel che soffrì

ai piedi della Croce

essa sola può dir quel che soffrivano

le nostre donne allora:

l'urlo del loro pianto era sì forte

che copriva il villaggio

come una nera nuvola di morte

e fin nei campi gli uomini dai solchi

vedevano quell' ombra e s'ammutivano

 nel profondo silenzio delle piante.

 

 

   Ora ogni pietra delle nostre case

ed ogni solco delle nostre terre

porta il nome di un morto.

Chi cammina nel mondo

cammina sulle nostre ossa disfatte

ogni valle è per noi di Giosafatte.

 

   Nuova Jòrca era grande, e Bostonmasse Nicola Moscardelli di antonio silveri (2)

pure, e così Broccline e Sanfrancisco.

Ma dentro al petto, dentro al petto, dentro

mentre d'intorno a noi passava  il mondo

e gli uomini così così diversi

e in mezzo a tanta gente

ci sentivamo poveri e dispersi,

ecco che all'improvviso

sentivamo suonare le campane

ognuno le campane del villaggio

da cui era partito

che son tutte diverse

ma parlano un medesimo linguaggio,

campane che nessuno avea sentito

mai così addentro prima risuonare,

e parea che il nostro stesso petto

fosse la cella campanaria, e il cuore

il battaglio che suona, O Nuova Jorca

con tutte le tue luci e la tua gente

allora scomparivi

e innanzi a noi s'alzava solamente

la casa che avevamo abbandonata,

la casa della nostra antica gente

curvata dal bidente

sopra la terra dura: le campane

suonavano a distesa dentro il petto

e a uno a uno quelli del villaggio

si facevano innanzi per parlarci

 

le parole che non ci aveano detto:

e i nostri morti, i mortiNicola Moscardelli Tutte le poesie

che con la terra s'erano confusi

da vivi e nella terra

giacevano da morti,

si levavano anch' essi

dai camposanti cinti di cipressi

come se fosse giunto il resurressi:

e a quella vista l'asfalto bollente

il lucente deserto

ondeggiava di mèssi,

come a maggio pei campi del villaggio

frusciavano i ruscelli

e sul liscio cemento delle case

spuntavano le foglie

cantavano gli uccelli

sulle vigne stormivano gli olivi.

Un attimo e poi tutto si annebbiava,

risentivam l'asfalto sotto il passo

e dalle mura spoglie

cadevano le foglie:

l'Italia era lontana

come una stella in cielo,

ma nessuno la vide mai più bella

nessuno mai sentì le sue radici

umane tanto addentro in quella terra

quanto noi che di lei non avevamo

nulla all'infuor del passaporto rosso

il passaporto rosso come un marchio.

 

   O Italia, Italia, quanto sangue costi,

non se ne versa mai tanto che basti,

nostro destino è questo.

Pareva che ti avessimo scordato

perché l'amore nostro era nascosto

 

come è nascosta l'acqua nella roccia

ma quando è stata l'ora

abbiamo traversato ancora il mare

per venirti a salvare:

la terra che avevamo abbandonato

l'abbiamo ritrovata per passare

dall'una all' altra guerra

e l'uniforme quasi era la stessa

come la nostra pace e la tua guerra,

e siamo morti in tanti

soldati ed emigranti:

siam venuti a morir sulla tua terra

dove vivere non abbiam potuto

tanto t'abbiamo amato

e tu non sai nemmeno il nostro nome,

ma tu, Signor, che sei nostro padrone

tu sai quello che fai, e sii lodato.

 

   Alcuni or sono ancora

per l'infinite vie di questo mondo,

altri giacciono in fondo alle miniere

di petrolio o carbone:

aprivano le porte della vita

e han trovato la morte.

 

   Altri sono tornati:

han lasciato il deserto e la miniera

ed han rivisto il campanile antico

han riascoltato il suo vecchio linguaggio

 hanno riassaporato ancora il pane

di farina. di grano

intriso nella madia

vecchia quanto la casa:

hanno bevuto l'acqua della fonte

quella che gorgogliava dentro il petto

profondo come il più profondo monte.

 

 

   Ma tutti quelli che non son tornati

mi respiran sul petto

non li potrò mai più dimenticare,

le ossa loro vedo fiammeggiare

dentro la terra, e al mio canto mi pare

che la carne a quell' ossa si riappicchi

e che tornino ancora a camminare

col sacco addosso per le vie del mondo

cantando un inno solo in mille voci

veraci ambasciatori della Croce.

 

Musei: la nave della Sila in Calabria per non dimenticare gli emigranti italiani

http://www.adnkronos.com/IGN6/Pcm/data/Pcm/lefoto/2005/lug/nave_sila/pezzo.htm

 

Emigrazione in Brasile

http://pulcinella291.forumfree.it/?t=50588616

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F
<br /> Bon, je suis franche, j'ai commencé à lire mais j'y reviendrai plus tard et sans doute dans un premier temps me servirai-je de ta traduction. J'ai beaucoup de retard de lecture à rattraper,<br /> alors... J' espère que tu me pardoneras pour cet abandon.<br /> <br /> <br /> Bonne soirée et bisous amicaux.<br />
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F
<br /> Bon dimanche Antonio<br /> <br /> <br /> Frieda<br />
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P
<br /> Superbe texte! J'avoue l'avoir lu en plusieurs fois.<br />
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R
<br /> Come ce le raccontavano i nostri nonni,mi facevano sognare.Buon fine settimana!<br />
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A
<br /> <br /> Ciao Ramu<br /> <br /> <br /> negli anni 68 69 che furono i miei primi anni di Francia, ebbi l'occasione d'intervistare parecchi emigrati italiani in Lorena della primissima generazione, persone quindi che avevano ampiamente<br /> superato la settantina, che mi raccontarono le loro peripezie per arrivare in Francia (peccato che non ho più quelle interviste). Quello che più particolarmente mi colpi' fu il coraggio di molte<br /> donne che non esitarono a traversare le Alpi con bambini ancora in fasce.<br /> <br /> <br /> La vita dell'uomo si riassume ad un continuo peregrinare per la sua sopravvivenza.<br /> <br /> <br /> Buona settimana<br /> <br /> <br /> <br />
R
<br /> Mes origines espagnoles m'ont permis de lire assez facilement l'italien, mais j'avoue que j'ai aussi eu envie de me tester après avoir lu et je l'ai traduit éléctoniquement car c'est un jeu<br /> d'enfant d'un clic , qq mots et qq tournures n'ont pas très bien été traduits mais le fil de l'histoire est bon !<br />
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